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Follia della guerra
Sfregiato in Russia il cippo degli alpini: si trovava nell'asilo costruito dalle Penne nere veronesi
Alessandra Vaccari
Un grande dolore. È quello che hanno provato gli alpini tutti, e soprattutto quelli veronesi, che a inizio anni Novanta proprio per suggellare rapporti di amicizia e di pace con il popolo russo, vollero donare un asilo e dei cippi alla popolazione di Rossosch in segno di pace. Ed è proprio nel cortile di quell'asilo che è stato oltraggiato il cippo che voleva essere un ulteriore inno alla pace.
Furono proprio tanti dei nostri alpini ad andare a Rossosch, da dove per altro partì anche il pellegrinaggio di un centinaio di veronesi nel 2003. Le immagini arrivate da là mostrano che la follia della guerra che sta attraversando i nostri giorni non risparmia neppure i simboli della pace. A Rossosch, la città russa che fu sede del comando del Corpo d'armata alpino nel 1942, è stato infatti distrutto e sfregiato con la «Z» bianca, (il simbolo della vittoria dei russi usato nella guerra attuale e che significa «Za pobedu»), il cippo. Quel cippo che ricorda tutti i caduti nella Seconda Guerra Mondiale. Era stato collocato dall'Associazione nazionale alpini davanti all'Asilo "Sorriso", una bellissima struttura per l'infanzia che ospita 180 bambini, costruita nel 1993 anche dai volontari alpini veronesi e donata alla città in segno di riconciliazione e fratellanza. L'accordo fu siglato al termine dell'adunata del 1990 e in tre anni, tutti i volontari alpini andarono a dare una mano. Ci furono muratori, elettricisti, carpentieri. Gli alpini donarono mobili e banchi per la scuola e negli anni l'Asilo divenne una tappa fissa per i veronesi in Russia.

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LA SECONDA VIA
Regia di Alessandro Garilli
Fronte russo 1943.
Non un film di guerra, ma di uomini nella guerra.
Russia. Villaggio di Popowka. Contadini che mietono il grano e distese di girasoli. Il
tenente Sala, al comando di una compagnia di Alpini incontra in una dimensione onirica
alcuni personaggi, protagonisti come lui di quella tragedia storica.
Come scrisse Mario Rigoni Stern, uno dei più noti protagonisti di quegli eventi, “ C’
era la guerra, proprio la guerra più dura, ma io non vivevo la guerra , vivevo cose che
sognavo e ricordavo che erano più vere della guerra”. E questa è la chiave narrativa
del film: quegli uomini, quegli alpini, perduti nel deserto di neve dell’infinita steppa
russa, si trovavano, infatti, a percorrere “una seconda via”, alternativa alla drammatica
realtà che stavano vivendo, dove sogni, ricordi ed emozioni si confondevano fino a
condurli in stato di coscienza alterato, in una dimensione emozionale che li spingeva
oltre la consueta percezione del tempo e dello spazio.